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TOCCARE LA TERRA

Immaginiamo un grande albero, con grossi rami e radici molto profonde. L’acqua di un fiume a volte porta via la terra dalle radici degli alberi che crescono lungo le sue rive, e allora è sorprendente vedere quanto queste radici siano intrecciate e intricate. Le radici di un albero sono importanti quanto i suoi rami. Grazie ad esse gli alberi traggono nutrimento dalla terra: minerali, acqua, e tutto ciò di cui hanno bisogno per vivere. Assorbono anidride carbonica e restituiscono ossigeno, trasformando continuamente ciò che prendono dalla terra in qualcosa che diffondono nell’ambiente circostante.

Noi uomini siamo come gli alberi: innanzitutto siamo eretti, in posizione verticale. Tutti gli altri animali, inclusi gli uccelli, vivono in posizione orizzontale. In tutte le tradizioni si dice che l’uomo sta tra la terra e il cielo; per la tradizione cristiana Dio ha creato per prima cosa il cielo e la terra, poi l’uomo tra cielo e terra. Lo stare eretti è la nostra postura più naturale: se non stiamo eretti possiamo danneggiare il nostro corpo. Molte persone soffrono di mal di schiena, non avendo il corpo la possibilità di vivere pienamente la sua verticalità. Se si praticano le arti marziali o anche i nostri esercizi di consapevolezza, gradualmente ci si rende conto che il corpo si allunga, la testa va verso il cielo e i piedi verso la terra, come dovrebbe essere. Se rispettiamo questo nostro bisogno di verticalità non ci ammaliamo, perché quella è la nostra posizione naturale. Sappiamo poi che, da un punto di vista fisico, è proprio grazie a questa nostra postura che ci è possibile parlare. Gli altri animali non hanno la parola perché vivono in posizione orizzontale. Ma questa nostra posizione non è l’unica cosa che ci accomuna agli alberi: come loro, abbiamo delle radici e dei rami, e se non stiamo eretti tra le nostre radici e i nostri rami avremo delle difficoltà. Da questo nasce la pratica del ritrovare il contatto con le proprie radici ed essere consapevoli dei propri rami.
Quali sono le nostre radici? Abbiamo tre radici principali:

  1. la radice della nostra famiglia di nascita: dobbiamo tutto ai nostri genitori, che a loro volta devono tutto ai loro genitori: i tratti fisici, ma anche le abitudini. Tutto quello che facciamo ogni giorno, anche se non ne siamo consapevoli, ci deriva dai nostri genitori. I nostri genitori, i nostri nonni e i nostri antenati sono la nostra radice familiare;
  2. la radice spirituale: abbiamo poi una radice spirituale, che può essere una tradizione spirituale come il buddismo o il cristianesimo, ma può anche essere una persona che ci ha aiutato, o che ha scritto qualcosa che ci ha dato uno stimolo a trasformare profondamente la nostra vita. Sono nostri antenati spirituali tutte quelle persone che hanno nutrito la nostra felicità, aiutandoci a vivere in un modo migliore;
  3. la radice del luogo in cui siamo nati: quindi dobbiamo molto sia alla radice familiare che a quella spirituale. Ma dobbiamo molto anche alle persone che nei secoli hanno vissuto nel posto in cui siamo nati. Stamattina, durante la meditazione camminata, abbiamo evocato le persone che hanno creato questo bel giardino e piantato gli alberi di olivo , e coloro che hanno costruito questa casa così comoda. Generazioni e generazioni di persone hanno lavorato con molta fatica in questo posto; ogni volta che in questa casa apriamo una porta o accendiamo la luce, dobbiamo essere grati a coloro che l’hanno costruita. E ancora, ogni volta che veniamo in questo paese dobbiamo essere grati a chi ha costruito la strada che ci arriva. Allo stesso modo, se prendiamo un treno, dobbiamo essere grati a coloro che hanno inventato il treno, alle persone che lo hanno costruito e a quelle che lo guidano. Parlando l’italiano dobbiamo essere grati a tutte le persone che hanno contribuito alla vita di questa lingua;

È quindi evidente che abbiamo radici molto forti. A volte le nostre radici vengono tagliate, come quando abbiamo dissidi con i nostri genitori e diciamo “io non appartengo a questa famiglia”. A volte non ci piacciono le nostre radici spirituali, perché ci sembra che da esse non abbiamo ricevuto abbastanza: anche questo è tagliare le radici. A volte odiamo il nostro paese, sentiamo che è un posto sbagliato, e ci spostiamo altrove: questa è un’altra radice che viene tagliata. Noi sappiamo che un albero a cui vengono tagliate le radici non può crescere quanto un albero sano. E’ quindi evidente che per poter stare dritti ed essere forti è necessario recuperare le radici che sono state tagliate. A volte le nostre radici sono troppe: i nostri genitori provengono da tradizioni diverse, o siamo nati in un paese diverso da quello dei nostri genitori, e magari ci sembra che avere così tante radici sia un peso. Io sono nato cristiano, ma durante la mia vita mi è stato mostrato il cammino del buddismo e ho sentito che questo era un’ottima cosa per me, in quanto mi consentiva di andare più in profondità nella tradizione cristiana. Una volta ho condiviso questa mia scelta con un monaco cristiano che mi ha detto: “se Dio ti ha messo lì ci deve essere una ragione”. Questo suggerisce che abbiamo la possibilità di innaffiare tutte le radici. Se si rafforzano tutte le radici, l’albero sarà più vigoroso, e quindi non bisogna preoccuparsi se si hanno troppe radici. Ci sono molti modi di innaffiare le radici. Se si è nati da genitori di paesi diversi, è molto importante conoscere le tradizioni di quei paesi: la cucina, i canti e tutto il resto. Questa sarà una radice in più da curare.

Abbiamo naturalmente anche dei rami e questi rami sono sviluppati esattamente quanto le nostre radici; se quindi innaffiamo molto bene le nostre radici, anche i rami cresceranno altrettanto bene. Cosa sono i nostri rami? Sono i nostri allievi, i nostri bambini, i nostri amici, tutte le persone a cui diamo qualcosa. Alcuni di questi rami sono secchi, e sono le persone che consideriamo nemici, quelle che non ci piacciono, che ci hanno fatto dei torti, che ci hanno fatto arrabbiare. Se vogliamo stare eretti, il nostro ruolo è penetrare il più possibile nelle nostre radici e alimentare il più possibile i nostri rami: più prendiamo, più diamo, e questa è la ragione della vita.

A questo proposito c’è una pratica che si chiama “toccare la terra“, il cui scopo è far crescere più in profondità le nostre radici e far fiorire sempre di più i nostri rami. I rami secchi possono essere delle persone della nostra famiglia, di istituzioni o di organizzazioni, che ci hanno fatto soffrire, può essere qualsiasi cosa che secondo noi non ci ha aiutato. Questa pratica consiste nel prendere dalle radici che sono sane per dare ai rami che sono deboli. A questo scopo usiamo l’energia della terra; sappiamo che la terra è molto generosa: tutte le verdure che mangiamo qui vengono dall’orto e ne possiamo sentire il sapore. Ogni fiore o albero che vediamo in giardino è un dono della terra. Tutto ciò che ci circonda proviene dalla terra.

Non solo la terra è molto generosa, essa è anche in grado di ricevere moltissimo: può ricevere cose preziose come latte e miele, ma anche tutto ciò che vogliamo eliminare, come urina ed escrementi. La terra accetterà tutto allo stesso modo, senza fare differenze, e trasformerà tutto, anche le cose più velenose. Magari ci vorrà molto tempo, ma la terra le trasformerà. Questa capacità di trasformazione della terra possiamo usarla attraverso il nostro respiro: quando inspiriamo immaginiamo di ricevere, ad esempio dai nostri genitori, tutto ciò che essi ci hanno dato, il buono e il cattivo; espirando, restituiamo alla terra tutte le cose negative. Lo stesso succede con la nostra radice spirituale che, come sappiamo, può crearci dei problemi: espirando, restituiamo alla terra queste difficoltà. E lo stesso vale infine per la nostra tradizione culturale: in essa ci sono cose buone, ma anche cose negative, come violenza, alcolismo ed altri problemi. Anche in questo caso riceviamo tutto, il bene e il male, e restituiamo alla terra tutto ciò che è negativo.

Questa è la pratica di innaffiare e far crescere le radici. Quando avremo pulito le nostre radici da tutte le cose negative, ci sentiremo molto forti e potremo allora nutrire i rami, iniziando da quelli che sono già verdi e belli, e cioè dalle persone che amiamo. Stamattina dicevamo che se abbiamo difficoltà ad amare, è meglio cominciare dalle persone che ci è più facile amare. La porta dell’amore è una sola e se impariamo ad aprirla, potremo poi usarla con tutti. Ma dobbiamo iniziare ad aprirla, e il modo più semplice è farlo con qualcuno che riusciamo ad amare più facilmente. Perché mai restare davanti ad una porta chiusa solo perché è troppo grande, difficile da aprire? Possiamo cominciare con un compito più facile: trasmettere l’energia ricevuta dalla terra alle persone che amiamo e a quelle che soffrono. È più facile mandare amore a qualcuno che soffre piuttosto che a qualcuno che ci fa soffrire! Ma la porta dell’amore è la stessa: quando è aperta è aperta. Quindi, quando la porta è aperta per la quarta prosternazione, possiamo usarla anche per la quinta. Certo, a volte la sofferenza è così grande che non vogliamo aprire la porta. Ma comunque dobbiamo provare ad aprirla, magari soltanto un poco e continuare così giorno dopo giorno. Stasera praticheremo le prosternazioni, a cui ci prepareremo dopo questo discorso.

Questa pratica si inizia in piedi, che è la posizione migliore per un essere umano, e se si vuole a mani giunte. Il primo testo (che si legge è quello sulla famiglia (1), poi viene il testo sulla radice spirituale (2) e successivamente quello sul nostro paese (3) d’origine. Stando in piedi si evocano tutte le persone, richiamandole alla nostra memoria. Poi ci sarà il suono della campana e ci inchineremo, per poi sdraiarci con la fronte a terra, o in ginocchio o completamente distesi. Se qualcuno ha problemi con la schiena o con la testa, può farlo contro una parete o contro un albero: quello che è importante è essere in qualche modo in contatto con la terra. In questa posizione, inspirando si riceve dalle nostre radici ogni cosa, espirando si restituisce tutto il negativo. Praticando la quarta prosternazione, inspirando si riceve l’energia che è stata rigenerata durante le prime tre, e espirando la si invia attraverso la terra alle persone che amiamo (4); perché le persone che amiamo sono sulla terra da qualche parte: toccando la terra tocchiamo tutti. La quinta prosternazione è la più difficile: all’inspirazione si richiama l’energia rigenerata ed espirando la si invia alle persone che non ci piacciono (5). Per fare questa pratica può essere necessario aiutarsi: alcuni di noi non hanno ricordi dei genitori, o del loro paese, o della loro tradizione spirituale. Prendiamo quindi un quaderno e scriviamo per prima cosa “Mamma” e “Papà”, e per ognuno di loro scriviamo innanzitutto una qualità, e poi, solo in seguito, abbiamo il diritto di scrivere un difetto. Possiamo scrivere più qualità e difetti, ma sempre iniziando da una qualità! Se i nostri genitori sono morti, possiamo nutrire questa pratica con delle fotografie o dei ricordi di famiglia, o scrivendo loro delle lettere. E’ bene anche riprendere i contatti con parti ormai lontane della nostra famiglia. Se non abbiamo mai conosciuto i nostri genitori, magari perché siamo stati adottati, possiamo scrivergli delle lettere: se noi siamo qui, i nostri genitori sono necessariamente da qualche parte.

Nessuna situazione è irreversibile. E’ bene tenere presente che la mente è qualcosa che non conosciamo a fondo. Allo stesso modo si procede poi con gli antenati spirituali, quelli buoni e quelli meno buoni, scrivendone il nome, senza però necessariamente scriverne qualità e difetti. E lo stesso per gli antenati culturali. Fatto questo, scriviamo quali sono le persone che amiamo e a cui vogliamo mandare la nostra energia rigenerata. E infine elenchiamo le persone che ci hanno fatto soffrire, con le quali abbiamo delle difficoltà: a loro invieremo nella quinta prosternazione la nostra energia rigenerata.