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Se fosse condotta una indagine sulla magnifica celebrazione quadriennale dei Giochi Olimpici per scoprire il grado di sopravvivenza dell’ideologia coubertiniana, il risultato, a dispetto dell’atmosfera favorevole, sarebbe probabilmente scoraggiante. Tuttavia, Pierre de Coubertin manterrebbe ancora, a pieno diritto, il titolo di uno dei benefattori fuoriclasse più grandi dell’umanità per avere donato alla Famiglia Umana del ventesimo secolo quei potenti motivi per l’unione e l’armonia quali l’Olimpismo con la sua ricca filosofia e le Olimpiadi, festività regolare di raduno pacifico con cui si realizzano la fratellanza e il rispetto reciproco.”  (Mr. Conrado Durantez).

Un letterato e traduttore di classici di origine greca, Demetrios Vikelas, incontra nelle aule della Sorbona poco prima di un convegno sul dilettantismo sportivo tenutosi nel giugno del 1894, un pedagogista e nobile francese, Pierre De Coubertain. Le recenti scoperte archeologiche di Olimpia stanno affascinando l’opinione pubblica mondiale e i due si ritrovano a parlarne. Il loro interesse comune li porta a concepire un progetto ambizioso: riportare in vita gli antichi giochi olimpici. Dal loro incontro nascono le Olimpiadi Moderne.

PIERRE DE COUBERTAIN

Pierre Barone de Coubertin, nacque nel 1863, da nobile e ricca famiglia d’origine italiana. Studiò a Parigi e visse nel castello di Mirville in Normandia, mentre il resto della sua famiglia risiedeva a Parigi nella rue Oudinot 20, la casa dove nacque e che ospitò il primo centro operativo del Comitato Internazionale Olimpico. Dopo la laurea in Scienze Politiche, disilluso da politica e politicanti e rinunciando all’idea di una facile carriera militare, adeguata al suo livello sociale, decise di dedicare se stesso al compito arduo della riforma educativa nel suo paese, stimolato dall’esempio inglese e statunitense. :

“Ho deciso di cambiare la mia carriera, allo scopo di legare il mio nome ad una estesa riforma pedagogica: l’aspetto più importante per i popoli moderni è l’educazione che deve essere la premessa della vita e uesti pensieri sono il risultato delle mie osservazioni a vari livelli dei miei viaggi attraverso gli stati del Nord europa e del Nord America, ove ho visto grandi correnti di riforme pedagogiche indipendenti dai sistemi governativi, ed anche migliori delle stesse tradizioni nazionali”.

LA NASCITA DELLE MODERNE OLIMPIADI

Lo sport sarebbe stata “una scuola di nobiltà, tanto quanto una via per la forza e l’energia fisica.” Il 25 Novembre 1892, in un discorso che tenne presso la Sorbona sul tema “esercizio fisico nel mondo moderno”, egli annunciò la sua intenzione di far rivivere i Giochi Olimpici, un progetto che inizialmente affondò nell’incomprensione generale, a dispetto dell’entusiasmo con cui fu accolto. Fu accettato solo dopo due anni. Il Comitato Olimpico Internazionale fu creato sotto la presidenza del greco Vikelas e Atene fu dichiarata la prima sede dei Giochi, dove essi ebbero luogo nel 1896. Coubertin mantenne la presidenza del CIO fino al 1925. Tuttavia l’incomprensione per il significato della sua opera e le tensioni politiche del tempo lo obbligarono al trasferimento a Losanna, nella neutrale Svizzera. Dopo la Prima Guerra Mondiale, si era trovato in posizione di minoranza, con ovvio disagio personale, sulle proposta di introdurre i Giochi Olimpici Invernali e sull’ammissione femminile ai Giochi, cosa che dimostrava che il Comitato Esecutivo cominciava ad avere peso maggiore del suo Presidente.

IL CONCETTO SOCIALE DI SPORT

Nel Gennaio 1919, Coubertin dichiarava:. “Tutto lo sport per tutte le persone. Questo motto sarà senza dubbio criticato come una fantasia utopica, ma io non mi curo di questo. Gli ho dedicato una riflessione considerevole e credo che sia giusto e possibile, al punto che io dedicherò la forza e gli anni che mi rimangono per assicurare che esso prevalga.

Sebbene Coubertin avesse nobili origini, era inoltre uomo di cultura, con gusti sofisticati ed uno spiccato senso dell’artistico e dell’estetico; ma soprattutto era un pedagogista per vocazione. La sua sensibilità umana lo portò ad essere un determinato difensore dei principi democratici della società, non attraverso la rivoluzione, la trasformazione democratica o la lotta di classe, ma attraverso il principio dell’eguaglianza di ogni individuo sulla “linea di partenza” e l’accettazione dei vantaggi che un maggior stato di forma fisica o di resistenza possano dare al competitore, sia nella società che in campo sportivo. Per questo motivo, lo sport, che nel XIX secolo era stato poco più che un passatempo per i benestanti e gli aristocratici, doveva trasformarsi in un piacere abituale per i giovani della classe media e anche del proletariato.

CONDIDATURA AL PREMIO NOBEL 

Nel 1936 fu deciso di candidarlo al Premio Nobel per la pace e una lettera firmata da 49 membri del CIO fu recapitata al Comitato del Nobel di Oslo; il fatto che anche la Germania appoggiasse la nomina, nell’interesse di evitare che il premio andasse a Carl von Ossietzki, un oppositore del regime nazista che fu internato in un lager, naturalmente non incrementò le chances di Coubertin.

LA MORTE

Il Barone visse in Svizzera fino alla sua morte, che avvenne improvvisamente nel 1937. Cubertin lasciò dietro di sé un organismo dinamico e monumentale quale l’Olimpismo e le Olimpiadi, e una prodigiosa fonte di conoscenza e ricerca nei suoi innumerevoli articoli, libri, conferenze, trattati, che costituiscono un archivio enciclopedico su argomenti incredibilmente
differenti.

La vita, come la lotta, è semplice. Un buon lottatore arretra, ma non abbandona il combattimento; egli cede terreno, ma non si arrende mai. Se si fronteggia con l’impossibile, svolta e prosegue oltre. Se rimane senza fiato, egli riposa ed attende. Se è sbattuto fuori dalla competizione, incoraggia i suoi fratelli con le sue parole e la sua presenza. E quando ogni cosa attorno a lui crolla, la disperazione non entra nel suo cuore (P. De Coubertain).

OLIMPISMO E DIFESA DEI VALORI OLIMPICI

Coubertin creò, pianificò, iniziò e diresse il moderno Movimento Olimpico e per dare una prolungata autonomia e una identità al suo messaggio filosofico, egli creò una serie di emblemi e cerimonie che foggiano il Movimento, per usare un termine paradossale, a guisa di una religione secolare. Giuramenti, processioni, inni, bandiere, simboli….tutti questi sono gli apparati di una liturgia apparentemente religiosa, il cui messaggio però non ha indirizzo teologico, forse perché, come successe nella Grecia classica con l’agonismo ed il simbolismo Olimpico della kalokagathia, l’onorato destinatario di un tale complesso rituale è l’uomo stesso, alla cui perfezione ed equilibrio è dedicato l’apparato festivo simbolico dei Giochi e la loro base del confronto sportivo.

  • La bandiera e il simbolo Olimpico (i cinque anelli uniti in blu, giallo, nero, verde e rosso rappresentano i cinque continenti del mondo)
  • Il motto Olimpico  – “CITIUS, ALTIUS, FORTIUS” (più veloce, più alto, più forte”):  non deve essere considerato semplicemente come un’esortazione a migliorare ossessivamente i records sportivi, quanto a incrementare fermamente la condizione ontologica totale dell’uomo attraverso lo sport
  • Il motto della competizione  – “Non è il vincere, ma il partecipare che conta”: parole dell’Arcivescovo di Pennsylvania, Monsignor Ethelbert Talbot, che usò la suddetta in un discorso nella Cattedrale di St. Paul a Londra, il 17 Giugno 1908, agli atleti partecipanti ai Giochi della IV Olimpiade. Coubertin, che considerò questo discorso “altamente filosofico” , completò la frase con il suo modo personale di osservare le situazioni sportive nel loro contesto educativo : “La cosa importante nella vita non è la vittoria, ma il lottare; non è aver sconfitto, ma aver combattuto bene. Col diffondere questi principi noi prepareremo un umanità più coraggiosa, più forte, più scrupolosa e più generosa”.
  • La torcia Olimpica:  la cerimonia dell’accensione del fuoco Olimpico e il suo viaggio dalla Grecia per mezzo di una staffetta fu un altro dei simboli del moderno Olimpismo che, anche se non fu creato da Coubertin, fu da lui entusiasticamente approvato alla sua prima apparizione nei Giochi del 1936 a Berlino. Carl Diem, il grande professore tedesco, amico intimo di Coubertin, giunse all’idea sulla base delle antiche lampadedromea greche, ovvero gare con le torce, che erano essenziali per i rituali e la liturgia. Oggi il viaggio del fuoco Olimpico è divenuto uno dei più spettacolari e vitali simboli Olimpici; esso rappresenta un continuo rinnovamento entro la tradizione, incorporando alcuni nuovi elementi ad ogni edizione dei Giochi e personalizzando la cerimonia con i tratti tipici e la storia della nazione ospite. Nel 1964, a Tokio, fu Yoshinori Sakai, il “bambino di Hiroshima”, nato nella città un’ora dopo la sua distruzione ad opera della bomba atomica, che corse l’ultimo tratto. Nel 1968, la staffetta acquatica che portò la fiamma alla terraferma nel porto Messicano di Veracruz, simbolizzò la cultura Ispanica che si univa alle culture indigene dopo l’attraversamento del mare. L’ultimo tratto entro lo stadio fu coperto per la prima volta da una donna, l’atleta messicana Enriqueta Basilio, per simbolizzare il coinvolgimento delle donne nel Movimento Olimpico. Nel 1976, a Montreal, Sandra Henderson e Stephane Prefontaine corsero l’ultima tappa sorreggendo la torcia insieme, impersonificando l’idea delle culture Anglo-Sassone e Latina fuse insieme in una grande nazione. E in Barcellona, nel 1992, una audace freccia scoccata con precisione volò oltre 100 metri per accendere il braciere Olimpico.

OLIMPISMO E FELICITA’: EURITMIA

“Se qualcuno mi chiedesse la ricetta per “Olimpicizzare” se stessi,” affermò Coubertin nel 1918, “risponderei: la prima condizione è essere felice”. E aggiunse, in un discorso del 1920, “il giorno in cui uno sportivo smette di pensare soprattutto alla felicità che risiede nel suo impegno e nell’intossicazione che gli deriva dal potere e dell’equilibrio fisico, il giorno in cui egli lascia che le considerazioni di vanità o interesse prendano il sopravvento, in quel giorno il suo ideale morirà, e il valore pedagogico di questo ideale, se posso usare quest’espressione, diminuirà irrevocabilmente.” Ma questa felicità che deriva dall’intenso esercizio è la risultante della felice cooperazione tra gli elementi integranti dell’essere umano, il corpo e la mente. La separazione cartesiana delle due parti dell’unità come fattori completamente indipendenti porta alla disarmonia dell’individuo.“questo è perché”, dice Coubertin, “i due fattori devono integrarsi come un tutto armonico, per ottenere l’euritmia, l’equilibrio che fu raggiunto nell’antica Olimpia, ove gli atleti con i loro fisici statuari gareggiavano coraggiosamente per la vittoria desiderata di fronte a statue dei loro dei rappresentati con corpi d’atleta, sui cui volti i grandi scultori avevano respirato lo spirito del divino. Ma quando Olimpia scomparve, un ascetismo intransigente relegò il corpo ad un ruolo secondario”. Di conseguenza l’Olimpismo è una dottrina di fratellanza tra il corpo e l’anima.